
Salgo le scale di corsa facendo i gradini due a due, mentre mi sfilo il vestito botticelliano dalla testa.
Con una mano lo lascio cadere sul letto, mentre nell'altra ho già la maglietta nera dei
Mothoread.
La indosso velocemente. E' molto più grande della mia taglia, mi arriva a metà coscia e mi copre tutto il necessario. Mi avvicino alla persiana ancora calda e con un rumore cigolate, da vecchio film dell'orrore la apro.
Sposto piano la sedia, posizionandola alla giusta distanza, ci giro intorno, lentamente mi siedo. Non ho più fretta. La bellezza di un rito sta nella sua calma.
Abbandono le ciabatte, sul pavimento e con un gesto fin troppo elegante per la situazione alzo le gambe e le appoggio sul tavolo.
Mi lascio cadere sullo schienale della sedia, mentre la fine tiepida di una giornata mi sta illuminando in pieno il viso sempre troppo pallido.
Gli occhi mi si chiudono un istante. Sono sola. Amo quella solitudine. Le gambe sono alzate e sembra che il sangue circolando più fluidamente vada a risvegliare i pochi neuroni che la fine della settimana ha reso intontiti.
Mi sembra già di sentirla... "Nina, metti giù quelle gambe, ma ti sembra il caso??? Un po' di educazione, sembri proprio una cammella..."
Sì, sì, lo so nonna che questa posizione non è fine ed elegante, ma è la mia posizione preferita, quella che davvero mi rilassa, quella che mi vede nel massimo della mia naturalezza. Quando allungo le gambe su un tavolo, o una scrivania, significa che sto proprio bene. Quindi, nonna, per una volta scuserai se riporto il pensiero che ti riguarda nel cassetto dei ricordi?
Il ricordo della nonna svanisce come una delle tante nuvole che stanno adombrando un cielo triste e caldo.
Mi sistemo ancora meglio, le mani si posano dietro la nuca ed accompagnano un nuovo pensiero.
E' davvero un peccato che certe persone compaiano nella mia vita, giusto il tempo per creare una mancanza.Entrano, insegnano qualcosa, si fanno amare, lasciano la loro traccia sulla mia pelle e poi riescono dalla porta di servizio. Ne vedo la scia come accade per le stelle cadenti nella notte di San Lorenzo. Stelle bellissime, lumisone, che attraversano il cielo per pochi istanti e a te non ne resta che il ricordo del loro passaggio.
Il vento si alza, i capelli intrappolati nella pinza cominciano a divincolarsi, una ciocca si libera ricadendo disordinatamente sul viso. Dovrebbe infastidirmi, ma non è così. La lascio libera di muoversi libera dalle costrizioni della pinza, libera dalle imposizioni dell'ordine, libera come sono io in quel preciso istante.
Le gambe sono sul tavolo, il cielo sembra incendiarsi , forse perché consapevole che io lo sto ammirando in tutta la sua sfacciata bellezza, ed io ho il sapore agrodolce della malinconia.
Meglio di così...
Foto: Roma, cielo prima di un temporale.